mercoledì, ottobre 25, 2006

Ogni epoca ha la sua arte. All'arte la sua libertà


Ciao a tutti,
colgo l'invito di Matteo a prendere parte a "questa cosa", che ancora non trova il coraggio di darsi un nome, ma che ha in sé tutte le caratteristiche per diventare un bel laboratorio di idee.Devo dire che come inizio mi sembra abbastanza pesante, vista la quantità e la qualità degli argomenti in discussione, anche se dall'incipit (...la loro provenienza e i loro perché li conoscete già...), appare chiaro come la maggior parte di voi avesse già avuto modo di parlarne, anche se non compiutamente.Ma ora, entriamo nel vivo della discussione.Credo che discutere della legittimità o meno di considerare l'arte come un lavoro sia sostanzialmente un falso problema.Così come discettare sull'eterno contrasto tra artista "geniale" e artista "razionale", e su quale tra questi debba essere il modello giusto, da seguire, cui riferirsi costantemente.Domenica sono stato impossibilitato a partecipare all'incontro non solo perché non ne ero a conoscenza, quanto perché ero a Rovereto per la mostra sui secessionisti austriaci. Nella parte documentativa a corredo, visibile nelle varie sale in cui sono esposte le opere, si legge di come il gruppo di artisti si fosse dotato di un proprio "museo", di un luogo in cui poter esporre le proprie opere, così marcatamente diverse dalla produzione dell'epoca. Esternamente alla costruzione un'iscrizione, che recitava più o meno così: "Ogni epoca ha la sua arte. All'arte la sua libertà."Ritengo rappresenti un concetto basilare per la corretta comprensione di cosa significhi essere artisti, non solo ai primi del XX secolo ma anche (e soprattutto) oggi.Non è possibile ingabbiare in etichette o dogmatismi una cosa che per sua natura nasce spontanea dentro di noi e che spontaneamente deve trovare il modo di fuoriuscire da noi stessi.Non importa se sia frutto di "genio e sregolatezza" o di "razionalità e schematismi".Non è importante decidere se l'artista debba vivere del suo genio (ovvero fare la fame, almeno il più delle volte) o se il suo genio debba pur vivere (ovvero far soldi e considerarsi un lavoratore alla stregua di ogni altro, anche se più fortunato perché almeno si diverte...).Ritengo, infine, che il vero problema sia quello della mancanza di una corretta "educazione all'arte": nessuno insegna come poter approcciare il mondo dell'arte per poterne godere appieno i frutti.Nessuno educa alla bellezza, ma si alimenta un sistema in cui la vendibilità o meno di un'opera rappresenta la discriminante di fondo per giudicarla.
Alla prossima,
Francesco Paolini

1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

11:50 AM

 

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